Materia e Forma dei Sigilli

Le matrici. Nell'antichità il sigillo era solitamente un anello d'oro con una piastra incisa, anch'essa d'oro, oppure con incastonata una pietra dura. Nell'alto Medioevo i sigilli seguitarono ad essere foggiati ad anello; intorno al secolo XI furono adottate vere e proprie matrici, cioè placchette metalliche incavate ed incise, fisse o pieghevoli a cerniera, ovvero con impugnatura di legno o di metallo. L'impugnatura reca sull'altro capo un secondo tipario chiamato controsigillo. Le matrici sono solitamente di bronzo, raramente d'oro o d'argento, quasi mai di pietre dure. Altri tipi di sigillo si portavano al collo oppure alla cintura fissati a catenelle. Abbiamo anche rari esempi di sigilli inseriti in chiavi o intagliati nelle spade. Gli anelli sigilli, insieme a tutti gli altri piccoli tipari portatili, detti "secreta", venivano custoditi personalmente dai loro proprietari oppure affidati a persone di assoluta fiducia: Guada-sigilli, notai-cancellieri, bullator ...

Quando il disco di cera reca un' impronta maggiore sul "recto" e una minore (controsigillo) sul "verso", le due sigillature hanno luogo separatamente per un doppio controllo. Anche le gemme incise greche, romane e bizantine, utilizzate dal medioevo in poi come sigilli (portavano soltanto figure) vennero incastonate entro placche metalliche recanti incise le leggende, in questo modo l'impronta cerea presenta nel mezzo il rilievo della gemma e nella cornice le parole.

Le bolle plumbee della Cancelleria pontificia, costituite da due dischi, fra i quali passavano i cordoni, venivano pressate con un torchio oppure mediante stampi a tenaglia, con due matrici contrapposte.

Le impronte. Nell'antichità le impronte venivano eseguite su varie materie, in particolare però erano utilizzate soprattutto argilla e cera; nel Medioevo si adoperò quasi esclusivamente la cera. Quest'ultima è infatti la materia più propria dei sigilli . Può essere impiegata pura o composta, neutra o colorata in diverse tinte: bianco, giallo, rosso, nero, verde (molto raro) ...

Una particolare colorazione in molti casi è scelta dal titolare del sigillo al fine di evitare imitazioni, falsificazioni ... Gli impasti di cera furono diversissimi nel corso dei secoli: nel VI - VII Sec. la cera è vergine, giallognola, nell'età Carolingi assume una tinta vicina a quella dell'ambra; col passare del tempo la cera tende a diventare più scura. Nel XII Sec. si mescolò della creta assieme alla cera in modo da rendere più friabili le impronte, oppure la si impastò con fibre o fili per fare in modo che fosse più compatta e resistente.

Tipica della Cancelleria reale di Francia era la cera verde, più tardi anche quella gialla e bianca. La cera di Spagna o "ceralacca" del Sec. XVII fu adoperata per la prima volta in una lettera inviata nel 1615 a Luigi XIII da sua sorella Elisabetta, regina di Spagna; essa è più lucida e brillante della cera semplice, riceve anche i minimi particolari della matrice, è però molto più fragile della cera comune, usata nella colorazione rossa conferisce un notevole effetto di eleganza.

Alla fine del XIII sec. appaiono in Italia i sigilli aderenti di cera con sovrapposto un foglietto di carta, pressato a caldo e incorporato con la cera (di solito rossa). Con tale procedimento si poteva risparmiare cera e si dava una maggiore solidità al suggello. Questo sistema era tuttavia utilizzato solo per gli atti ordinari e non per i documenti più solenni.

Nel '700 e '800 si usarono, per i documenti privati, speciali ostie (bianche o colorate) che si bagnavano e si imprimevano sul documento oppure venivano poste fra i lembi di una busta.

I sigilli metallici si chiamano "bolle" e sono sempre appesi ai documenti mediante cordoni di seta o canapa. Raramente per le bolle fu usato l'argento.

Protezione dei sigilli. A causa della fragilità delle impronte ceree, si ricorse a vari mezzi per proteggere i sigilli. Il modo più semplice consisteva nel creare attorno al sigillo un bordo di cera rialzato, il quale difendeva l'impronta in caso di pressione. Le impronte ceree pendenti furono anche protette mediante sacchetti o borse di tela, di damasco o velluto.

Nel XIII sec. in Italia si usò colare la cera del sigillo dentro apposite teche di legno o metallo nelle quali erano stati in precedenza infilati i nastri o cordoni. In questo modo però era visibile una sola facciata del sigillo, ciò contribuì al diradarsi e poi allo scomparire dei controsigilli. Gli astucci metallici furono molto spesso ornati ,incisi, ricamati, sbalzati ...

Un altro modello, più solenne, fu quello usato da Ferdinando III imperatore: esso consiste in una teca cilindrica di bronzo dorato, recante sul coperchio un bassorilievo della figura del sovrano seduto in trono con la legenda "FERDINANDUS III D. G. SEMPER AUGUSTUS ELECTUS ROMANORUM IMP. GERMANIAE, HUNGARIAE, BOHEMIAE ... REX"; sull'altra faccia compare lo scudo imperiale.

Nel Rinascimento si fecero astucci di pelle lavorata e dorata per riporre i diplomi reali opportunamente piegati.

Forme e dimensioni dei sigilli. All'inizio i sigilli furono di piccole dimensioni in quanto applicati su anelli. Dal XII sec. si iniziò ad usare le matrici con impugnature o manici ed il sigillo cominciò ad aumentare. Le dimensione varia in relazione all'importanza che assume il sigillo. In generale si può dire che quelli di cera vanno dai piccoli modelli degli anelli fino ad un massimo di 14 cm .

Quando il sigillo raggiunse dimensioni eccessive se ne distinsero tre tipi:

" sigillum maius" per i documenti più solenni;

"sigillum mediocre" per usi correnti;

"sigillum minus" per corrispondenze meno importanti.

Fino al XIII sec. i sigilli furono soltanto circolari e ovali, poi assunsero le forme più svariate:

1circolare
2ovale
3ogivale - ellittico
4scudiforme
5 quadrato - rettangolare
6rombo
7pentagonale - esagonale - ottagonale
8lobato

Sono circolari tutti i sigilli metallici e molti di cera, soprattutto quelli imperiali. Tale forma va considerata la principale e nel corso dei secoli non cade mai del tutto in disuso.

Il sigillo ovale rappresenta invece la continuazione delle pietre - sigillo della Antichità, esso diviene raro nel basso Medioevo. Il sigillo ogivale (del tipo a mandorla) appare nel XI sec. e nel XII sec. questa forma diviene tipica dei sigilli del Clero. La forma a scudo, in tutte le sue varianti, ebbe successo principalmente per i sigilli nobiliari. Il sigillo scudato contiene lo stemma del proprietario e porta in margine la legenda. I sigilli quadrati sono rari poiché la loro forma non si presta bene all'uso sigillare.

A Genova l'adozione del sigillo e l'istituzione di una cancelleria, con lo scopo di conferire valore e fede pubblica alla documentazione cittadina senza la necessita di un ricorso ai notai, è indice di una decisa affermazione di autorità ed indipendenza. Da ciò emerge inoltre la diversità della figura di questa città rispetto ai comuni lombardi i quali erano più direttamente soggetti all'Impero. Genova aveva rapporti diretti con paesi d'Oriente e d'Occidente e trattava con essi su un piano di parità; ciò le ha conferito fin dalla metà del XII sec. l'autorità di città - stato autonoma, come nel caso di Venezia.

I sigilli medioevali di Genova riportano insegne, figure, simboli che testimoniano gli eventi e i periodi più importanti della sua storia. In questa città l'uso delle bolle plumbee è limitato ai secoli XII e XIII . Sono pochissime quelle giunte fino a noi, la maggior parte è andata perduta e di alcuni esemplari non rimangono che le descrizioni fatte da notai nel 1229. Il più antico dei piombi superstiti reca sul recto il busto aureolato del patrono, S. Siro, che con la destra benedice e con la sinistra regge il Vangelo. Sul verso è riprodotto l'abitato urbano, è una riproduzione molto sintetica, addirittura simbolica, e rappresenta uno dei temi più interessanti dei sigilli civici. Talvolta queste vedute urbane simboliche trovano riscontro con quelle delle monete coeve. La città ha ottenuto nel 1139 da Corrado II il privilegio di batter moneta. Il suo denaro presenta da un lato il castello genovese in un cerchio sul quale è impostata la parola IANUA; sul verso la croce e il nome del Re. Il castello è piuttosto una porta civica composta da due archi, una colonna mediana e il tutto sormontato da tre merli o tre torricelle. Col tempo questa simbologia si modifica: con le successive coniazioni le due arcate e la colonna sono più curate; i merli, sotto il governo dei Visconti, si accentuano e assumono la foggia ghibellina. La parola IANUA convalida l'ipotesi della porta: l'insegna è detta perciò "parlante" ed è un tipo frequente nei sigilli.

Inoltre le bolle del secolo successivo presentano come disegno un portale con due archi su tre colonne; ai lati si distingue l'inizio della cinta muraria e sullo sfondo si staglia la cupola (forse della cattedrale). Probabilmente questo tipo di bolla è stato usato fino al 1241, poi fu sostituito da un nuovo sigillo recante tre figure: il grifone alato che soggioga l'aquila e la volpe, simboli dell'Impero e di Pisa.

Fra il 1216 e il 1222 era anche stato adottato un altro tipario, col solo grifone raffigurato però "passante", mentre negli stemmi di Perugia, Montepulciano, ... è sempre di tipo rampante.

Nel 1257 un nuovo sigillo corrisponde ad un mutato ordinamento politico di Genova. Si tratta del sigillo col simbolo pacifico dell ' "Agnus Dei", ma l'iscrizione che allude all'instaurazione del regime del "Capitano del popolo" è in un certo senso minacciosa. La figura e il motto indicano una precisa situazione storica: Genova si uniforma all'uso di molte altre città dove il prevalere della parte popolare e il suo successivo avvento al potere si manifesta anche mediante l'adozione di nuovi simboli ed insegne sacre.

Da ciò emerge con chiarezza come dalle documentazioni, purtroppo scarse, di Genova si possa risalire allo "status" della città stessa, al suo percorso storico verso l'affermazione di una vera e propria autonomia e sovranità.

Autrice:

Gregorelli Valeria


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